La dipendenza da internet: i.a.d.

Nell’ultimo decennio, si è assistito, in tutto il mondo, al massiccio diffondersi di internet e dei nuovi mezzi di comunicazione.
Questo ha portato ad un ampliamento e un miglioramento delle possibilità di comunicazione superando le barriere ed i vincoli di tempo e spazio (aumentando la velocità e diminuendo i costi) e ad una praticamente infinita possibilità di accesso alle fonti di informazione.
Come sempre avviene, l’uso di qualcosa ha implicito in sé il possibile abuso o il cattivo uso di quella cosa……. e, proprio in seguito alla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione e di internet in genere, si sta assistendo al diffondersi di fenomeni psicopatologici collegati ad un uso eccessivo o inadeguato della rete che si manifesta con una sintomatologia simile a quella che osserviamo in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive.

Le recenti pubblicazioni internazionali sull’argomento hanno messo in luce che l’utilizzo della Rete può indurre dipendenza psicologica e danni psichici e funzionali per il soggetto. Tale disturbo, catalogabile come un disturbo ossessivo-compulsivo, ha un nome: I.A.D. Internet Addiction Disorder.

Il termine si deve allo psichiatra americano Ivan Goldberg che, poco più di dieci anni fa, propose appunto di introdurre nel DSM questa nuova sindrome, indicando i criteri diagnostici utili al riconoscimento di tale disturbo.

Questa proposta dette avvio a numerose riflessioni e ad una crescente attenzione al rischio di dipendenza da Internet.. È ormai assodato che l’uso eccessivo di Internet porta progressivamente delle difficoltà soprattutto nell’area relazionale dell’individuo, il quale viene assorbito dalla sua esperienza virtuale, rimanendo “agganciato” alla Rete (Jamison, 2000).

Ma il dibattito se sia possibile o no sviluppare una dipendenza nei confronti della rete così come per la droga o l’alcol non è ancora concluso. Molti studiosi, pur riconoscendo che l’abuso di Internet conduce a conseguenze molto negative, rifiutano l’idea che si possa parlare di una vera e propria dipendenza; sostengono che tale ipotesi non è stata ancora provata da valide ricerche scientifiche e che, considerare l’uso eccessivo della Rete alla stregua di un disturbo psichiatrico primario, potrebbe essere fuorviante per l’intervento clinico (Huang M.P. e Alessi N.E., 1996)

Alcuni studi (Brenner, 1996; Young,1996) dimostrano che vi sono effettivamente dei problemi correlati all’uso della Rete; ma mentre per Brenner il fatto di passare delle ore davanti al pc ha come conseguenze normali e non necessariamente imputabili allo sviluppo di una dipendenza sintomi quali incapacità di amministrare il tempo, perdita del sonno e dei pasti, Kymberly Young, una delle prime autrici che si è interessata a questo fenomeno, sostiene che mentre i normali utenti non riportano interferenze nella vita quotidiana e vedono Internet come una risorsa, i soggetti dipendenti subiscono da moderati a gravi problemi, a causa dell’abuso della Rete.

Tali problemi sono di varia natura e si manifestano in diversi ambiti della vita personale:

– nell’ambito relazionale e familiare. Aumentando progressivamente le ore di collegamento, diminuisce il tempo disponibile da dedicare alle persone significative ed alla famiglia. Il virtuale acquista un importanza maggiore della vita reale, dalla quale il soggetto tende ad estraniarsi sempre di più, arrivando anche a trascurare gli oneri domestici. Il matrimonio viene spesso compromesso a causa dei frequenti rapporti amorosi che nascono in Rete e che a volte si concretizzano in vere e proprie relazioni extraconiugali.

– nell’ambito lavorativo e scolastico. L’eccessivo coinvolgimento nelle attività di Rete distoglie l’attenzione dal lavoro e dalla scuola. Inoltre i collegamenti esageratamente prolungati, anche durante le ore notturne, portano allo sconvolgimento del regolare ciclo sonno-veglia e ad una stanchezza eccessiva, che invalida il rendimento scolastico e professionale.

– nell’ambito della salute. La dipendenza da Internet provoca numerosi problemi fisici che possono insorgere stando a lungo seduti davanti al computer (disturbi del sonno, irregolarità dei pasti, scarsa cura del corpo, mal di schiena, stanchezza agli occhi, mal di testa, sindrome del Tunnel Carpale, ecc.).

– dal punto di vista finanziario. Questi si presentano soprattutto nei casi in cui il soggetto partecipi ad aste, commercio on-line e gioco d’azzardo virtuale. Comunque i problemi economici possono anche scaturire dai costi dei collegamenti, che in alcuni casi raggiungono la durata di 50 ore settimanali e dalla fruizione di materiale pornografico che richiede il numero della carta di credito dell’utente.

Secondo il dott. Goldberg, la dipendenza da internet è comparabile al Gioco d’azzardo patologico come diagnosticato dal DSM-IV, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder.

Alcuni studiosi ritengono infatti che dovrebbe essere collocata tra i “Disturbi del Controllo degli impulsi non classificati altrove”, come il Gioco Patologico d’Azzardo.

Anche Jerald J. Block (2008), in un recentissimo articolo sull’American Journal of Psychiatry, ha indicato la Internet Addiction come un particolare tipo di disturbo compulsivo-impulsivo che si manifesta con sintomi quali: desiderio irrefrenabile di connettersi al web (o comunque di stare davanti a un pc) per chattare, giocare, mandare e-mail, frequentare siti porno. Il soggetto costretto a fare a meno di Internet diventa irritabile, nervoso e agitato e può facilmente cadere in forme di depressione: una vera e propria sindrome da astinenza. Inoltre l’assuefazione a Internet si manifesta nella forma di una progressiva permanenza davanti al PC sempre più lunga e ininterrotta e nella ricerca di dispositivi hardware e software sempre più potenti e innovativi.

Le basi statistiche utili alla definizione della malattia provengono dalle statistiche prodotte dalle autorità sanitarie sudcoreane, le uniche che abbiano fatto studi seri in materia. La Corea è il paese che vanta il tasso più alto del mondo per l’uso di internet e vanta un triste vantaggio di qualche anno sull’impatto sociale che le tecnologie hanno. È proprio a Seoul, infatti, che si sono verificati i più gravi casi di effetti della dipendenza dall’internet: dieci persone sono decedute mentre si trovavano connessi in un internet café (per problemi cardiopolmonari derivanti da eccessiva permanenza davanti al computer) e c’è stato un omicidio causato da un videogioco elettronico.

In Italia si è invece iniziato a parlare di dipendenza da internet (o Retomania) nel 1997.

Attualmente Ivan Goldberg e Kimberly Young, così come anche Block (2008), stanno facendo pressioni affinché la dipendenza da Internet sia inclusa nel DSM-V, l’edizione successiva all’attuale DSM-IV-TR, che vedrà la luce nel 2011. Questo aprirebbe le porte al rimborso delle consulenze per questo tipo di disturbo da parte delle compagnie di assicurazione statunitensi.

La dipendenza da Internet o Internet addiction è in realtà un termine piuttosto vasto che copre un’ampia varietà di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi. Solitamente chi presenta i sintomi di una “Internet addiction” ha infatti anche numerose altre forme di dipendenza.

Inoltre la dipendenza da internet e la dipendenza dal computer sono ormai inscindibilmente legate e a volte si usa il termine di dipendenza online per indicare il fenomeno nel suo complesso.

La dipendenza da Internet deriva da uno stato mentale in cui il rapporto con la realtà tende a essere basato su una ossessività che tende a esagerare i confini e i gradi di libertà connessi a ogni aspetto della relazione con il mondo.

Kimberly Young, che ha fondato il Center for Online Addiction statunitense, ha indicato 5 tipi specifici di dipendenza online:

1. Dipendenza cibersessuale (o dal sesso virtuale): gli individui che ne soffrono (circa il 20% dei dipendenti dalla Rete) sono di solito dediti allo scaricamento, all’uso compulsivo e al commercio di materiale pornografico online, o sono coinvolti in chat-room per soli adulti.

2. Dipendenza ciber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): si caratterizza per la tendenza ad instaurare rapporti d’amicizia o amorosi con persone conosciute on-line, principalmente via chat, forum o newsgroups. Si tratta di una forma di relazione nella quale gioca un ruolo fondamentale l’anonimato, il quale permette di attribuirsi specifiche fisiche e caratteriali anche molto lontane da quelle che il soggetto presenta nella vita reale. Gli individui che ne sono affetti diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere un adulterio virtuale. Gli amici online diventano rapidamente più importanti per l’individuo, spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici. In molti casi questo conduce all’instabilità coniugale o della famiglia. Le applicazioni più utilizzate da tali soggetti sono e-mail, chat e newsgroup.

3. Net Gaming o Net Compulsion (Gioco d’azzardo patologico online): la dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria di comportamenti, compreso il gioco d’azzardo patologico, i videogame, lo shopping compulsivo e il commercio online compulsivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i casinò virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d’asta o le scommesse su Internet, soltanto per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri doveri relativi all’impiego o rapporti significativi. Queste attività hanno diverse caratteristiche in comune: la competizione, il rischio ed il raggiungimento di una immediata eccitazione.

4. Sovraccarico cognitivo o Eccesso di informazioni (Information Overloaded): la ricchezza dei dati disponibili sul World Wide Web ha creato un nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto riguarda la navigazione e l’utilizzo dei database sul Web. Gli individui trascorreranno sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e nell’organizzazione di dati dal Web. A questo comportamento sono tipicamente associate le tendenze compulsive-ossessive ed una riduzione del rendimento lavorativo. Il bisogno di reperire informazioni sta diventando un problema per molte persone; una ricerca chiamata “Glued to the Screen: An investigation into information addiction worldwide” del 1997 ha analizzato un campione di 1000 persone provenienti da Regno Unito, USA, Germania, Singapore ed Hong Kong; i risultati hanno dimostrato che circa il 50 % dei soggetti intervistati passa molto tempo a ricercare informazioni sulla Rete ed il 54 % sperimenta un senso di eccitazione quando riesce a trovare ciò che stava cercando.

5. Gioco al computer (Computer Addiction): negli anni ‘80 giochi quali il Solitario e il campo minato furono programmati nei calcolatori ed i ricercatori scoprirono che il gioco ossessivo sul computer era diventato un problema nelle strutture organizzate, dato che gli impiegati trascorrevano la maggior parte del giorno a giocare piuttosto che a lavorare. Attualmente vi è la tendenza al coinvolgimento in giochi virtuali, come per esempio i MUD’s (multi user dungeon – categoria di giochi di ruolo eseguiti su Internet attraverso il computer da più utenti) e giochi di ruolo interattivi in cui il soggetto partecipa costruendosi un’identità fittizia. L’anonimato consente di esprimere se stessi liberamente e di inventare dei personaggi che sostituiscono la vera personalità dell’individuo.

Anche una recente ricerca tedesca pubblicata dal quinto Forum europeo sulla neuroscienza di Vienna ha dimostrato come usare giochi per il computer su internet crea una dipendenza simile a quella da cannabis o da alcool. “Un giocatore su dieci mostra eccessiva produzione di dopamina nel prosencefalo”, ha detto Sabine Gruesser Sinopoli, autrice dello studio effettuato dal Centro internazionale Isfb dell’ospedale Charitédi Berlino.

“L’uso di giochi per il computer su internet- ha aggiunto la ricercatrice al Die Welt,quotidiano tedesco che ha presentato i risultati dello studio- crea una ‘memoria del piacere’ nel cervello che dà dipendenza, come accade per alcool e droghe leggere”.

La ricerca è stata eseguita su un campione di 7000 persone anche minorenni, e ha dimostrato le difficolta dei soggetti “nel condurre una vita sociale normale. Disturbi del sonno e dell’attività cerebrale i fastidi più frequenti, rilevati nei giocatori accaniti di computer: alcuni dei quali trascorrevano fino a 20 ore davanti allo schermo.”

Caretti (2000, 2001) individua un’altra patologia specifica (diversa dalla Dipendenza) legata all’utilizzo smodato della Rete: la Trance Dissociativa da Videoterminale, una forma di dissociazione collegata ad una dipendenza patologica dal computer e dalle sue molteplici applicazioni che è caratterizzata da alterazioni dello stato di coscienza, depersonalizzazione e perdita del senso della identità personale. Sono proprio alcune caratteristiche fondamentali di Internet già citate, quali l’anonimato e l’assenza di vincoli spazio-temporali, che offrono la possibilità di vivere un’esperienza particolare, simile al sogno: ne deriva che tali esperienze vanno assumendo un ruolo dilagante nella vita dell’individuo e quest’ultimo viene catturato dal gioco o dall’attività informatica a cui si dedica, rimanendone «posseduto» fino al punto di perdere il controllo di sé e della situazione.

tastiera mani

Con il concetto di «trance» si vuole descrivere un’alterazione dello stato di coscienza simile al sonno, ma con caratteristiche elettroencefaliche non dissimili da quelle dello stato di veglia. Durante lo stato di trance l’individuo perde consapevolezza e contatto con la realtà fino al ritorno alla condizione normale accompagnata da amnesia.

Nel DSM IV i disturbi dissociativi rientrano nelle categorie dell’asse I e la loro caratteristica essenziale è la «sconnessione delle funzioni, solitamente integrate, della coscienza, della memoria, della identità o della percezione dell’ambiente», mentre il disturbo da Trance Dissociativa è compendiato nella serie di proposte di nuove categorie e assi che sono stati indicati per un possibile futuro inserimento nel DSM-V che è già stato citato. Attualmente questa patologia si trova nell’Appendice B del DSM-IV, nella categoria «Criteri e Assi utilizzabili per ulteriori studi».

Nel 2004 l’Esercito finlandese sembra aver rivelato che permette ad alcuni coscritti di posporre per tre anni lo svolgimento del servizio militare a causa della loro dipendenza dai giochi per computer e da Internet. E’ inevitabile pensare a quanto a quanto potrebbe risultare importante, nell’ambito della medicina militare, ma non solo, l’inserimento della I.A.D. nel DSM-V.

Appare chiaro che la Rete, in virtù delle sue enormi risorse, possiede delle cosiddette potenzialità psicopatologiche, quali la capacità di indurre sensazioni di onnipotenza, come vincere le distanze e il tempo, o cambiare perfino identità e personalità; può diventare uno spazio psicologico in cui il soggetto proietta i propri vissuti e le proprie fantasie. Questo spazio può facilmente prevaricare sulla vita reale, contribuendo allo sviluppo di una vera e propria dipendenza dal mondo virtuale.

Ma quali sono le fasi che conducono alla vera e propria patologia? Le fasi sono due:
– Fase Tossicofilica: caratterizzata dall’incremento delle ore di collegamento, con conseguente perdita di ore di sonno, da controlli ripetuti di e-mail, siti preferiti, elevata frequenza di chat e di gruppi di discussione, idee e fantasie ricorrenti su Internet, quando si è off-line, accompagnati da malessere generale;
– Fase Tossicomanica: caratterizzata da collegamenti estremamente prolungati, al punto da compromettere la propria vita socio-affettiva, relazionale, di studio o professionale.
I soggetti maggiormente a rischio hanno un’età compresa tra 15 e 40 anni, con un elevato livello di conoscenza degli strumenti informatici, isolati per ragioni lavorative (turni notturni) o geografiche, con problemi psicologici, psichiatrici o familiari persistenti. Il tipo di personalità predisposto a sviluppare tale disturbo è caratterizzato da tratti ossessivo-compulsivi, inibito socialmente, tendente al ritiro, per il quale la Rete rappresenta un modo per fuggire dalla realtà.

La dott.ssa Young, in un’intervista, ha inoltre sottolineato come le relazioni virtuali differiscono dalle relazioni della vita reale per l’anonimato, la rimozione delle barriere geografiche e il miscuglio culturale.

Anche le ricerche effettuate in Italia da Lavenia e Marcucci (Lavenia, 2004) hanno evidenziato due fasi di sviluppo comuni a tutti gli utenti telematici. Ogni fase dello sviluppo telematico (il percorso evolutivo che il neofita di internet segue per inserirsi in questa nuova realtà) comporta specifici rischi.

1. Fase di osservazione e ricerca. Nella prima fase il soggetto scopre e utilizza giornali, riviste e informazioni on line, casinò virtuali, trading online, negozi virtuali, siti pornografici. I rischi di questa prima fase sono: sovraccarico cognitivo, gioco d’azzardo patologico online, trading patologico online, shopping compulsivo online, porno dipendenza. I rischi maggiormente correlati a questa fase sono di tipo compulsivo. Il soggetto che inizia a navigare nella rete scopre le sue infinite offerte e inizia ad attivarsi nelle modalità che gli sono più congeniali. Alcune sono a maggior rischio di divenire vere e proprie compulsioni: lo shopping, il giocare in borsa, il gioco d’azzardo, la visione di materiale pornografico. Non sono attività che si trovano solo su internet, con i rischi connessi, ma in rete sono facilitate dall’anonimato e dalla semplicità con cui è possibile praticarle in qualunque momento senza dover uscire di casa ed esporsi al giudizio altrui. In questo caso Internet non pone alcun limite all’impulso, che può facilmente tramutarsi in compulsione quando sfugge al controllo del soggetto e diviene il centro della sua esistenza.

2. Fase relazionale-comunicativa. Nella seconda fase il soggetto scopre e utilizza chat, MUD e altri giochi di ruolo online. I rischi di questa seconda fase sono: incontri al buio pericolosi, isolamento sociale e dipendenza, dipendenza da sesso virtuale (CyberSex Addiction(s)), perdita dei contatti reali, sentimenti di onnipotenza. In questa seconda fase si manifestano le cosiddette net-dipendenze, per le quali le persone maggiormente a rischio sono quelle con difficoltà comunicative-relazionali. In questi casi la dipendenza costituisce un comportamento di evitamento attraverso cui il soggetto si rifugia nella rete per sfuggire alle sue problematiche esistenziali.

Griffith, nel 1997, sostiene che le dipendenze da prodotti tecnologici, tra cui Internet appunto, condividono con le dipendenze da sostanze alcune caratteristiche essenziali:
– Dominanza (salience): L’attività o la droga dominano i pensieri ed l comportamento del soggetto, assumendo un valore primario tra tutti i suoi interessi;
– Alterazioni del tono dell’umore: L’inizio dell’attività o l’assunzione della sostanza provoca cambiamenti nel tono dell’umore, il soggetto può esperire un aumento dell’eccitazione o maggiore rilassatezza come diretta conseguenza dell’incontro con l’oggetto della dipendenza;
– Tolleranza: Bisogno di aumentare progressivamente la quantità di droga o l’attività per ottenere l’effetto desiderato;
– Sintomi di astinenza: Malessere psichico e/o fisico che si manifesta quando si interrompe o si riduce il comportamento o l’uso della sostanza;
– Conflitto: Conflitti interpersonali tra il soggetto e coloro che gli sono vicini, e conflitti intrapersonali interni a sé stesso, a causa del suo comportamento dipendente;
– Ricaduta: Tendenza a ricominciare l’attività o l’uso della droga dopo averla interrotta.
Schaffer (1995) a questo proposito sostiene che, “come leggere e collezionare francobolli, i computer sono psicostimolanti e una certa parte della popolazione può sviluppare una dipendenza in risposta ad essi”.

Ma vi sono degli elementi che possono favorire l’insorgere di psicopatologie legate all’uso di Internet?

Possiamo individuare 4 categorie:

1.
le psicopatologie preesistenti. In più del 50% dei casi la IAD può essere indotta da alcuni tipi di disturbi psichici preesistenti. I fattori di rischio includono una storia di dipendenza multipla, condizioni psicopatologiche come depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo bipolare, compulsione sessuale, gioco d’azzardo patologico, o fattori situazionali, come sindrome da burnout, contrasto coniugale o abuso infantile.
2.
le condotte a rischio (“eccessivo consumo”, riduzione delle esperienze di vita e di relazione “reali”,ecc);
3.
eventi di vita sfavorevoli (problemi lavorativi, familiari, ecc: “internet come valvola di sfogo”);
4.
le potenzialità psicopatologiche proprie della rete (anonimato e sentimenti di onnipotenza che possono degenerare in: pedofilia, sesso virtuale, creazione di false identità, gioco d’azzardo, ecc).

Al di là delle diverse componenti che possono contribuire ad originare i diversi casi di rete-dipendenza, la caratteristica costante che fa da sfondo ad ogni Dipendenza da Internet è la capacità della rete di rispondere (o illudere di rispondere) a molti bisogni umani, consentendo di sperimentare dei vissuti importanti per la costruzione del Sé e di vivere delle emozioni sentendosi, al contempo, protetti.
Internet, infatti, annulla lo spazio e consente ciò che nella realtà non si può realizzare o che si può fare in molto tempo, viaggiando per ore ed interagendo più lentamente e spesso in strutture diadiche o in piccoli gruppi. Le chat, invece, abbattono le frontiere e consentono di parlare con gruppi numerosi in stanze che la realtà difficilmente rende disponibili, consentendo spesso discorsi paralleli, solo virtualmente possibili. Inoltre, le comunity più stabili creano, più o meno vere, sensazioni di appartenenza, rispondendo ad un grande bisogno umano e consentendo di esercitare quella che è stata definita la moratoria psico-sociale, ossia l’allenamento ai ruoli e alle interazioni che sospende le conseguenze e quindi le responsabilità, le scelte e i vincoli definitivi.
Nelle stanze virtuali si può sperimentare la propria identità in tutte le sue sfumature, cambiando l’età, la professione e perfino il sesso di appartenenza, ascoltando le reazioni degli altri e maturando delle convinzioni, attraverso il confronto con altre personalità più o meno reali. La recita nel teatro on-line diventa perfino dichiarata e condivisa nelle Mud (Multi User Dimensions), in cui il gioco di ruolo viene esaltato ai limiti della fantasticheria e in cui, all’ombra del personaggio che si interpreta, si possono tirare fuori, rimanendo al sicuro, perfino gli istinti più crudeli.
I rischi sono quelli legati ad ogni situazione che consenta di far emergere e di soddisfare i bisogni più profondi e inconsapevoli: si sperimentano parti di sé che potrebbero sfuggire al controllo, soprattutto quando si dispone di uno strumento di comunicazione che consente di rimanere uomini e donne senza volto, una condizione che potenzialmente può favorire la comparsa di comportamenti guidati da una minima morale.
Per i più giovani in età di sviluppo e per alcuni soggetti predisposti, il rischio è che l’abuso della rete per comunicare crei confusione nella distinzione tra reale e virtuale (soprattutto nel senso di Sé), che non sia più facile comprendere cosa fa parte di Sé realmente e cosa è possibile sperimentare solo virtualmente, poiché ciò che è concesso in Rete non ha le stesse conseguenze che si produrrebbero nella realtà. In considerazione di ciò, soprattutto i bambini e i giovani dovrebbero limitare il tempo trascorso su Internet ed integrare delle esperienze di comunicazione reale, al fine di evitare di sviluppare delle abilità emotive e sociali prevalentemente attraverso questo strumento tecnologico che, in questo caso, risulterebbero estremamente limitate o deformate rispetto a quelle poi richieste per adattarsi nella vita reale.

Come per gli altri disturbi da dipendenza i criteri sono: un uso eccessivo, l’astinenza, l’assuefazione e le ripercussioni negative sulla vita sociale e sulla salute del dipendente. L’astinenza si manifesta con rabbia, frustrazione e depressione quando si è in assenza di accesso alla rete, mentre l’assuefazione consiste nel desiderare, oltre a una permanenza sempre più lunga davanti al pc, software e hardware sempre più performanti.

Ma dopo quanto detto sulle patologie connesse ad Internet o «Internet Related Psycopathology» (IRP) come distinguere tra l’uso «sano» e «malato» di Internet?

Eiste un test stabilire se si è affetti dall’Internet Addiction Disoder? La dott.ssa Kimberly Young ha elaborato l’IAT Internet Addiction Test (1996) che è possibile trovare alla pagina web http://www.siipac.it/newaddictions/testinternetaddictiondisorder.htm

Quali le terapie?

Le terapie ritenute più efficaci per curare la Internet dipendenza sono sostanzialmente le stesse impiegate per gli altri tipi di dipendenza: tra esse la terapia cognitivo comportamentale, il tradizionale gruppo di supporto “dei 12 passi” e la terapia coniugale o familiare, a seconda dei casi.

Negli Stati Uniti viene utilizzata anche la psicoterapia online, o per meglio dire il Counseling online. Tale pratica tuttavia è attualmente vietata in Italia agli psicologi, per disposizione dell’Ordine Professionale degli Psicologi, in attesa di una regolamentazione normativa.

Nell’attesa che l’I.A.D. trovi quindi una collocazione definitiva nel DSM-V, secondo quanto accertato dalle ricerche ufficiali, è bene tenere presente un altro dato: nell’86 per cento dei casi la dipendenza da internet è associata anche ad altre forme di dipendenza tra quelle riconosciute nel DSM-IV-TR. E per cercare di prevenire l’insorgere dell’internet addiction è bene cercare di usare il buon senso, e ogni tanto fare a meno della vita di relazioni digitali, come fa ad esempio Lawrence Lessig, uno dei massimi esperti del web, che per un mese all’anno si riposa dall’attività telematica e passa il suo tempo a leggere libri, riposarsi e stare con la famiglia

Quanto detto non conduce necessariamente alla condanna delle esperienze on line, ma ad una loro valutazione critica, considerando vantaggi e svantaggi.

Le esperienze on line, infatti, offrono la grande opportunità di sperimentare se stessi e le proprie abilità relazionali ma è necessario utilizzare questo potente strumento rimanendo padroni di tutte le proprie capacità razionali di controllo del proprio comportamento.

Articolo di Daniela Rigli

2 commenti su “La dipendenza da internet: i.a.d.”

  1. non ho letto fino in fondo, in effetti è tardi e dovrei andare a dormire invece di stare attaccato al pc. Però domani leggerò sicuramente tutto l’articolo; per adesso volevo complimentarmi con Daniela Rigli per la stesura di un articolo sicuramente interessante e approfondito, su un argomento a mio avviso sottovalutato.

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  2. Grazie per i complimenti.
    In effetti è un argomento di cui oggi si parla molto di più… chi è fuori dalla dipendenza lo demonizza, chi è dentro lo sottovaluta…. e quindi, io che, volente o nolente, forse un po’ dipendente lo sono… ho voluto fare una ricerca bibliografica sull’argomento, cercando di evidenziarne i vari aspetti…. che dire di più? C’è dipendenza e dipendenza…. ;-)))

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