La Cina censura internet, il CIO sapeva

Il Comitato olimpico internazionale rischia una gran brutta figura. La piu’ brutta, forse, delle ultime edizioni del’Olimpiade. Pechino, invece, e’ riuscita finora a eludere il pressing internazionale sui tre temi con cui l’Occidente misura la sua compatibilita’ con la democrazia: la repressione nel Tibet, lo smog che avvolge ancora oggi la capitale, la censura di Internet. La reale disponibilita’ di Pechino a progredire in linea con gli standard internazionali e’ andata in ‘tilt’ nel Centro stampa di Pechino 2008, quando ai ventimila giornalisti accreditati e’ stato precluso l’accesso ad alcuni siti web che il regime comunista giudica ‘sensibili’. Il governo aveva gia’ annunciato che avrebbe “bloccato” quello di Falun Gong, culto definito illegale nel Paese, ma dai pc dei giornalisti non si riesce ad accedere alle home page di Amnesty International, della BBC in cinese, di siti che forniscono informazioni sul massacro di Tienanmen.

“Stiamo facendo del nostro meglio per assicurare ai giornalisti la copertura dei Giochi attraverso Internet””, si e’ limitato a dire Sun Weide, portavoce del Comitato organizzatore, ma la patata bollente e’ ormai nelle mani del Cio, che negli ultimi mesi non si era risparmiato nel garantire che a Pechino vi sarebbe stato il libero e veloce accesso alla Rete, fino a far intravvedere nel Centro stampa dei Giochi una sorta di enclave della liberta’ di espressione in Cina. Tutto questo non si e’ verificato. Il portavoce del Cio, Kevan Gosper, ha dovuto ammettere al ‘South China Morning Post’ che il negoziato con Pechino e’ fallito. Anzi, sembra che sia avvenuta una trattativa sottobanco: “Apprendo adesso che alcuni funzionari del Cio hanno negoziato con i cinesi la possibilta’ di bloccare siti considerati non direttamente legati ai Giochi”, ha spiegato Gosper.

E ha aggiunto, con rassegnazione: “Mi dispiace che tutto questo sia accaduto. Non sono qui per difendere le decisioni dei cinesi, ma per fare in modo che i giornalisti possano informare sui Giochi. Pero’, non posso dire ai cinesi quello che devono fare. Hanno gia’ preso una decisione”. Perduta la battaglia per un Internet libero, l’Occidente sembra rassegnato ad archiviare quella per la democrazia nel Tibet. Il Tibet Daily, quotidiano ufficiale del regime, ha annunciato la mobilitazione degli agenti per impedire manifestazioni e assembramenti durante i Giochi. Lo sforzo e’ quello di “garantire la sicurezza senza il minimo errore”, riporta il giornale. Resta la sfida dello smog. Pechino aveva promesso che il cielo della citta’ sarebbe stato ripulito, ma negli ultimi giorni la cappa che avvolge la capitale ha reso l’aria irrespirabile, tanto da spingere le autorita’ a elaborare un piano d’emergenza che prevede persino la chiusura delle fabbriche. Questa volta, a essere rassegnati sono i cinesi: lo smog non lo puoi ne’ censurare ne’ arrestare. (AGI) – Pechino, 30 luglio

Fonte: agi.it

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