Il trattamento dei dati nel rapporto di lavoro cosa comporta


Il trattamento dei dati personali di lavoratori e dipendenti trova la propria disciplina nelle disposizioni del capo III del d.lgs. n.196/2003, che regola spesso deroga le regole generali in materia di Privacy.

Il principio del primo comma dell’articolo 23 («il trattamento dei dati personali ad opera di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato») non trova qui applicazione, a causa dei principi giuslavoristici che riconducono la liceità dell’acquisizione e utilizzazione delle informazioni alla necessità di assicurare lo svolgimento di un regolare rapporto di lavoro.

Peraltro, il successivo articolo 24 prevede nove casi in cui il trattamento dei dati è lecito a prescindere dal consenso.

Alcuni di questi, a ben vedere, si adattano alla gran parte dei trattamenti che vengono svolti per la gestione ordinaria del rapporti di lavoro. In particolare, il consenso non è richiesto quando trattamento si è reso necessario:
per adempiere a un obbligo previsto da legge, a un regolamento o normativa comunitaria (lett. A), comma 1, art. 24);
per eseguire obblighi derivanti da contratto nel quale l’interessato è parte o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell ‘ interessato (lett. B), comma 1, art. 24);
quando il trattamento riguarda di pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando limiti e modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e la pubblicità dei dati (lett. C), comma 1, art. 24).

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Fonte: Pmi.it – canale di HTML.it, periodico telematico reg. Trib. Roma n. 309/2008
Autore: Roberto Grementieri

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