Un sensore per proteggere le canne d’organo

Ad ogni chiesa il suo organo. Ma per godere delle armonie della musica sacra, è essenziale garantire l’integrità di questi antichi strumenti musicali, considerati a pieno titolo patrimonio culturale.
Uno dei nemici è la formazione della condensa all’interno delle canne in grado di corrodere la struttura in metallo fino a farla collassare. Per prevenire tale degrado l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) e l’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” (Ifac) del Consiglio nazionale delle ricerche hanno realizzato un sensore per rilevare il punto di condensa o di congelamento all’interno delle canne. Il prototipo è stato presentato a Ferrara nell’ambito della XV edizione del Salone del restauro, dove il Cnr è presente anche quest’anno con una ‘vetrina’ di risultati nel settore dei beni culturali.

“Il sensore, nato da un progetto europeo denominato ‘Collapse’, è gia stato testato in laboratorio e in campo”, spiega Dario Camuffo dell’Isac-Cnr. “Esso si basa sulle proprietà delle fibre ottiche di trasportare la luce, ma anche di disperderla se in una parte sensibilizzata vengono a contatto goccioline, film d’acqua o cristalli di ghiaccio. Ogni fibra ha lo spessore di un capello, la lunghezza desiderata (alcuni metri) e può essere facilmente inserita e posta a contatto con la superficie interna della canna, senza dare alcun fastidio al suono”.

Attualmente lo strumento è applicato in un organo della Svezia e successivamente verrà messo a disposizione in Polonia.

“Le condizioni di condensa avvengono tipicamente quando la chiesa è affollata e le canne metalliche sono ancora fredde oppure quando vengono utilizzati sistemi di riscaldamento che rilasciano all’interno della chiesa vapore d’acqua, come gli emettitori di radiazione infrarossa generata dalla combustione di metano o di gas liquidi”.

Senza tralasciare il fatto che molte chiese rimangono a lungo al freddo e la temperatura può scendere anche sotto 0°C. L’alternarsi di gelo e disgelo provoca ulteriori danni strutturali a discapito della qualità del suono e della salvaguardia del bene stesso.

Non solo il metallo, ma anche le parti lignee subiscono le ingiurie dalle variazioni del microclima, specie in seguito al riscaldamento invernale che, se da una parte rende più confortevoli gli ambienti, dall’altra può costituire una minaccia per le opere d’arte e gli arredi sacri.

“Ad esempio, un organo con una canna lignea fessa emette una nota difforme; una crepa sul registro fa suonare più canne diverse contemporaneamente”, aggiunge Camuffo.“Inoltre, negli ultimi anni si è scoperto che il legno invecchia naturalmente producendo acidi (in particolare acetico e formico) la cui emissione è fortemente influenzata dalle condizioni microclimatiche. Nel caso degli organi, questi acidi si accumulano all’interno dello strumento, il cui utilizzo favorisce la loro trasmigrazione nelle canne; queste vengono corrose soprattutto alla base, con una rilevanza che dipende dalla lega metallica. La tonalità dei suoni cambia e quando il deperimento è in uno stato avanzato la canna si spezza sotto il proprio peso”.

Lo studio rappresenta dunque una novità, visto che la conservazione degli strumenti musicali non ha sinora beneficiato della stessa attenzione di cui godono gli analoghi beni esposti nei maggiori musei.

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